Posti del cuore,  Raccolgo storie

Chioggia. Toni acquerello e anima antica

Qualunque posto può diventare uno luogo speciale se lì sei stato davvero bene, in armonia con ciò di cui sentivi di aver bisogno per crescere e maturare in armonia con il tuo destino. Nei miei ricordi ce n’è una lunga lista. Dalla casa a Torino dove ho vissuto da piccola e che ricordo perfettamente. E i traghetti per le Cinque Terre, il mare unico, i piattoni di cozze divorati all’isola Palmaria dove trascorrevo le mie vacanze da bambina. Poi le mareggiate in Camargue, la mia mansarda vista Mole, gli angoli imprevisti in Portogallo dove il fado si intreccia con il profumo delle sardine alla griglia in una rete da pesca che molto assomiglia a quella trama delicata, imprevedibile, costitutiva della nostra identità che è la memoria. Casa è memoria e in fondo può essere ovunque dove il nostro sguardo sappia imprimere nei ricordi poesia e sentimento.
E casa è dove abita il destino, quel destino che riconosceremo nostro perché, tra le infinite possibilità, lui scorrerà liscio e senza nodi.

Posti del cuore. Non ho avuto dubbi nel nominare questa nuova sezione del blog dedicata a dove, in maniera istintiva e un po’ magica, succede di sentire l’anima nel posto giusto. Posti che rispecchiano quel concetto di romantico da ristrutturare che per me significa tradizione, autenticità, originalità e poesia. Posti dove sono stata bene, come a casa lontano da casa, e di cui sento il bisogno di raccontare quasi come per scrivere una cartolina ad amici immaginari…

Chioggia, in una mattina di cielo plumbeo che svelava tutti i toni acquerello delle sue sfumature mi ha fatto pensare che è la nostra storia la base più bella, emotiva, intensa su cui costruire qualsiasi futuro.

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Cosa ci riserverà il domani, come saremo nel futuro? Questo il tema affrontato al Festival della Psicologia concluso da poco a Roma.
Se è vero che, come spiegano i dati, saremo sempre più virtuali, che a breve i nuovi insegnanti saranno i nativi digitali, allora è urgente diventare ancora più consapevoli delle proprie radici rintracciandone i fili, ripercorrendo le strade percorse da chi prima di noi ha gettato le reti di ciò di cui ora, come da sempre in fondo, abbiamo più bisogno: stare bene. E se nella rincorsa ad avere tutto e subito rischiamo la perdita di quella memoria collettiva che giorno dopo giorno diventa sempre più obsoleta, allora forse interroghiamoci su ciò che alla fine conta di più.
La bellezza di un gesto, di un ricordo, di un oggetto, di una tradizione, di un posto sono valori da conservare prima che eredità da trasformare.

Appena arrivati a Chioggia, per chi come me può riservare una visita alla città di appena qualche ora, il mio consiglio è quello di dedicare la prima passeggiata alla Riva Vena per sentirsi subito immersi nei colori di uno dei quadri dei pittori della via, come quelli “del mio amico Francesco Nordio del Club Culturale pittorico al Duomo”, mi suggerisce il suo vicino proprietario di un bar accanto alla bottega del pittore mentre mi soffermo di fronte ai vetri della bottega, chiusa, perché è ora di pranzo. “Qui ci conosciamo tutti, è come un paese in cui è normale essere solidali e sostenersi”.

La Riva è l’antica via del commercio e oggi conta ancora tante piccole botteghe locali che, non con poche difficoltà, continuano con passione a proporsi come alternativa al passeggio di Corso del Popolo. Alternativa romantica e dal sapore delicatamente bohémien, tra minimarket rimasti fermi in un tempo lontano e tanto affettivo, e poi panetterie e pasticcerie tipiche (ottime quelle all’altezza di Ponte Pescheria) tra papini (ciambelle sottili di pasta dura), torte ciosota (torta tipica con radicchio e carote), bossolà ciosoti (tipica specialità riconosciuta come “pane di Chioggia”), zaleti…

Fermatevi a pranzo per un frittino di paranza incredibile e soffermatevi a chiacchierare con Andrea, il titolare del suo Ristorante Riva Vena che vi racconterà fatti, scene, storie di un mondo, il suo mondo, un mondo così antico, a tratti fatiscente eppure così elegante.

Come la tradizione del fermo pesca, provvedimento statale che consiste nel “blocco delle attività della flotta da pesca nazionale al fine di preservare la fase riproduttiva dei nostri mari in un’ottica di rispetto della stagionalità del pesce fresco pescato sulle nostre coste: così per tutelare i nostri mari, le attività di pesca vengono bloccate lungo tutta la Penisola per circa sei settimane a rotazione” (cit. La Cucina Italiana).

A ottobre, continua Andrea, l’appuntamento per i buongustai è qui, per assaggiare la preziosa mueca, ovvero il granchio senza muta: i granchi sono in grado, in acqua, di rigenerare gli organi danneggiati e di uscire fuori dal guscio vecchio buttando via l’esoscheletro usato. I granchi, in questa fase, rappresentano una vera e propria delizia gourmet. Ecco che, per gli appassionati, il mercato del pesce di Chioggia rappresenta una meta irrinunciabile.

In questo breve lasso di tempo che mi ha vista turista per la prima volta a Chioggia ho avuto la netta impressione che questa città sia metafora di un passato che resta e che è bello pensare che rimanga immutato ancora per tanto.

“Cecilia, la prossima volta che tornerai qui ricordati che con il vaporetto in 40 minuti raggiungi Venezia”. Così, dopo aver scoperto un nuovo posto del cuore, ti riprometti che certo, ci tornerai, e annoti sul taccuino della memoria prima ancora che su quello di carta, cosa assolutamente vorrai fare…

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