
Guadalupe. Incanto, leggenda e fiori ovunque
Iniziare un diario è una delle indicazioni che mi capita spesso di suggerire.
Molto spesso osservo come mi venga riportato che sia difficile, perché come qualsiasi incipit è difficile trovare la forza per incominciare e individuare un tema, e poi rintracciare un filo, una trama, sciogliere i nodi, saltare periodi, soffermarsi su momenti e poi decidere un titolo, quasi come si trattasse di un libro. Ma è difficile, si sa, perché quando la storia è la nostra sembra tutto più complicato, irriproducibile, inutile, vano.
Eppure serve iniziare, perché iniziare molte volte è ricominciare, che sia a vivere o soltanto a sognare, e scrivere su di sé è un esercizio per tornare a provarci.
E poi un piccolo quaderno può anche diventare un registro prima ancora di un diario, magari un archivio dei giorni e dei dove si è stati bene e in qualche modo, seppur impercettibile, si ha ricominciato a crederci.
Ci sono posti che, più di altri, ispirano a essere trascritti sul taccuino, sia esso di carta o della memoria, e raccontati e consigliati, forse perché lì è stato uno dei luoghi dove l’anima si è sentita nel posto giusto.
Arrivare a Guadalupe a sera tardi regala l’impressione di sentirsi pellegrini e viandanti prima ancora che viaggiatori: sì, perché di questo piccolo villaggio spagnolo in Estremadura, nella provincia di Cacéres, è proprio nel momento dell’imbrunire che più si avverte la sua anima antica, l’atmosfera quasi irreale che avvolge le piccole strade che abbracciano la plaza Major e su cui si affacciano finestre socchiuse da avvolgibili improvvisate con semplici cannicci.
Le luci tiepide dei lampioni sembrano lì per darti il benvenuto mentre il vociare acceso eppure contenuto e soffuso proveniente dai locali ancora aperti sembra riportarti d’un balzo all’oggi. È un un posto un po’ magico Guadalupe: mistico e medioevale, romantico e antico, accogliente e gentile. Qui ogni abitante, mi hanno detto, realizza un piccolo giardino, anche soltanto composto da vasi, di fronte all’entrata di casa per un motivo: la bellezza.
Per contro, alzare lo sguardo significa riempirsi occhi e cuore della grandezza di un santuario che attrae ogni anno molti fedeli e pellegrini.
Eppure Guadalupe non ricorda i luoghi di culto classici che richiamano turismo religioso, qui l’impressione è di sentirsi ospiti accolti con dolcezza e senso di familiarità. Come quando fai acquisti nei negozi di recuerdos e le signore impiegano tempo e impegno a spiegarti e raccontarti la bellezza del monastero, la storia del miracolo che spiega il culto della Nostra Senhora de Guadalupe, quella piccola statuina di legno così dolce e così potente insieme: le sue origini sono riconducibili ai tempi di San Luca nel I sec.d.C. e la leggenda del suo culto è affascinante come il più intenso dei romanzi storici che si sviluppa da Costantinopoli (dove fu poi ritrovata nel IV secolo), a Roma ai tempi di papa Gregorio il Grande (fine VI secolo), a Siviglia dove fu venerata fino al sopraggiungere delle invasioni arabe. È da lì che le tracce della piccola statua si persero per cinque lunghi secoli fino a quando, sul finire del XIII secolo, un’apparizione della Vergine a un pastore abitante di Cacéres ne svelò il ritrovamento. Da quel momento si narra che miracoli attribuibili al culto della piccola statua convinsero il clero dell’autenticità dell’apparizione al pastore e a costruire una piccola primitiva casetta per custodire la statuina della Vergine che battezzarono con il nome di Guadalupe che significa “riva nascosta”. Il santuario fu poi costruito nella sua forma definitiva agli inizi del XIV secolo sotto il regno di Alfonso XI re di Castilla y Leon.
Così, quando esci con il tuo acquisto senti forte il bisogno di conservare quel senso di semplicità che ti ha inondato il cuore e illuminato la prospettiva.
Perché in fondo è così, dei posti che ti toccano il cuore vorresti sempre portare indietro con te il testimone del tuo stare bene in quel dove e in fondo ciò che ti porti dietro da un viaggio è molto più di un ricordo, è l’immagine del tuo essere in quell’altrove tradotto in un oggetto.
Se volete sentirvi a casa e trascorrere una notte immersi in un’atmosfera accogliente e curata nei minimi dettagli e dove il senso di familiarità predispone a una sensazione di pace speciale e a fare bei sogni (perché vi sentirete immersi in un sogno) il mio consiglio è quello di pernottare a casa di Isabel, il delizioso Hostal Alba Taruta di cui lei, con sua mamma, vi aprirà le porte con grazia, accoglienza e attenzioni speciali, come quella dei bombon regionali di fichi ricoperti di cioccolato che troverete disposti sul comodino come lasciati dalla mano amorevole di una zia immaginaria…