Raccolgo storie

Shinhanga. Sguardi e atmosfere che raccontano storie

La notte di primavera è finita.
Sui ciliegi
sorge l’alba.

Matsuo Basho

 

Per la prima volta in Italia Shinhanga. La Nuova Onda delle Stampe Giapponesi è una mostra sull’arte degli shinhanga, una straordinaria opportunità di immergersi nella bellezza e nella malinconia di un movimento artistico che è riuscito a fondere elementi classici con la sensibilità modernista. In un’atmosfera densa di aspettativa e nostalgia di inizio secolo è possibile tuffarsi in un’incredibile corrente artistica ancora sconosciuta in Italia, raccontata in maniera affascinante e coinvolgente in grado di dipingere, attraverso di essa, uno spaccato vivido e intenso del Giappone tra le due guerre.

Nella mia ricerca di maioliche giapponesi antiche e vintage per gli allestimenti della tavola, ritrovo sempre la sensazione di un viaggio molto onirico e denso di suggestioni quello che ci viene offerto dall’iconografia giapponese. Nelle maioliche antiche il racconto è fitto di simboli e significati che richiamano una continua ricerca dell’armonia tra l’essere umano e la natura che lo circonda: salici piangenti, sofore, voli di uccelli, pagode e paesaggi lacustri. Talvolta è l’istante di un’alba di grande luna piena sullo stagno a descrivere un’ambiente meditativo fortemente connotativo tipico della filosofia zen.

Grazie ai motivi decorativi giapponesi impariamo dall’Oriente la calma, la meditazione, la tradizione ornamentale, ma impariamo anche la ritualità, il senso di convivialità, la predisposizione al silenzio nella partecipazione condivisa di un pranzo. Ad esempio, con piccole ciotoline che sono veri gioielli-miniature con i classici decori floreali e bordi oro a smalto e figurine centrali differenti a vocazione femminile e rituale, possiamo celebrare il piacere di uno stare insieme rituale e dove il parlare sottovoce si intercala ai gesti lenti dello svolgersi del pasto.

L’iconografia orientale, che fu così attraente per il mondo occidentale tra fine Ottocento e primi Novecento con il Liberty, trova molte volte nelle porcellane a decorazione giapponese la testimonianza di quanto fu impressivo questo tema per l’immaginario e la sensibilità estetica europea. Allestire una tavola con piatti orientali diventa allora un invito a inaugurare nuove abitudini e per imparare a soffermarsi sui dettagli, sul tempo, sulle parole, sui gesti, sulla finezza della porcellana, sulle sfumature, sui particolari. Questa forma di delicatezza delle intenzioni e delle abitudini ricorda quello che i giapponesi definiscono “Leggere l’aria“「空気を読む」un modo quotidiano per pensare, riflettere, non forzare, aspettare e sospendere. Significa farlo anche per guardarsi intorno senza per forza dire, semplicemente come si aspetta un cibo preparato con cura, una dedica, un fiore.

Ai paesaggi presto si aggiungono i bijinga, i ritratti di donna: sono le donne infatti le protagoniste dei tempi moderni, simbolo dell’onda travolgente del cambiamento che attraversa il Giappone. Le modelle vengono catturate mentre si acconciano i capelli, mentre di fronte allo specchio si applicano il trucco, o appena uscite dal bagno: momenti quotidiani, immagini rubate. L’espressione è pensosa, lo sguardo spesso velato di una impalpabile malinconia, o perso a fissare un punto lontano nello spazio o forse nel tempo. Sono sguardi che raccontano storie.

 

Pigmenti brillanti, atmosfere malinconiche e pensose, sospese fra un legame profondo con la cultura artistica tradizionale e l’incalzare del progresso, della modernità: questo è lo shinhanga, letteralmente la nuova xilografia’, che raggiunge l’apice della diffusione fra l’epoca Taisho (1912-1926) e i primi decenni dello Shōwa (1926-1989). Lo shinhanga nasce agli inizi del Novecento, negli anni tumultuosi della modernizzazione, grazie ad artisti quali Itō Shinsui (1898-1972) e Kawase Hasui (1883-1957), che nei loro paesaggi ritraggono scorci della provincia nascosta o dei sobborghi cittadini non ancora raggiunti dal cambiamento, con quell’inconfondibile tocco di nostalgia che anticipa la scomparsa di un mondo minacciato dal progresso.

 

Il percorso espositivo della mostra si sviluppa attraverso sale tematiche ciascuna della quali trova nella sua titolazione tutta la suggestione poetica di un’animo giapponese attento ai dettagli e alle sfumature: L’autunno in Giappone; La pioggia fra l’estate e l’autunno; La luna, il mare, la notte, i fuochi dell’estate; La neve d’inverno; La nostalgia della primavera; Lo spirito dei tempi. Le varie stanze regalano dunque la sensazione di percorrere tappe su una mappa del sogno, un po’ come succede sfiorando le maioliche giapponesi:

dalle stampe dominate dai toni più cupi del blu – dove l’unica nota di luce è la luna – alle marine bagnate dal sole al tramonto o dalla luce delle lanterne delle imbarcazioni, fino alle pagode che svettano sui ciliegi in piena fioritura, quello che viene alla luce è un paesaggio ideale, emozionale e simbolico, uno sfondo sul quale spiccano le silhouettes femminili, icone malinconiche e inquiete della conquista della modernità.

 

Ne emerge il ritratto di un paese già moderno, dove però la cultura e la tradizione vivono in una traccia estetica velata di malinconica reminiscenza sotto forma di sguardi languidi, paesaggi candidi e innevati, rovine, spiagge desolate, alberi solitari e dove il tempo e lo spazio sembrano essere come in attesa di essere fermati dallo sguardo del visitatore che, ribaltato in una atmosfera d’antan può vivere nelo spazio e nel tempo della mostra quell’emozione di impermanenza, silenzio e sospensione splendidamente descritta da Laura Imai Messina e che si distilla, tra gli altri, nel concetto di 間 ma, “quella pausa, quell’intervallo che è necessario al tutto, inteso sia in senso spaziale che temporale. 間 ma è fermarsi un attimo prima di aver concluso di modellare una ceramica, un cerchio tracciato con l’inchiostro su un foglio che ne sveli le sbavature, il minuscolo spazio che tiene aperto quel cerchio sulla carta, e che vi faccia entrare così il mondo intero”.

 

 

SHINHANGA. LA NUOVA ONDA DELLE STAMPE GIAPPONESI, Palazzo Barolo, Torino,  – 

Credits: Andrea Cordero

 

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